Espropriazione di pubblica utilità e deprezzamento dell’area residua

Con sentenza 10747 depositata il 5.6.2020 la I Sezione Civile della S.C. di Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto: in tema di espropriazione per pubblica utilità, nel caso in cui, per effetto della realizzazione o dell’ampliamento di una strada pubblica (nella specie, di una autostrada), il privato debba subire nella sua proprietà la creazione o l’avanzamento della relativa fascia di rispetto, quest’ultima si traduce in un vincolo assoluto di inedificabilità che di per sé non è indennizzabile, ma che, in applicazione estensiva della disciplina in tema di espropriazione parziale, non esclude il diritto del proprietario di essere indennizzato per il deprezzamento dell’area residua mediante il computo delle singole perdite ad essa inerenti, quando risultino alterate le possibilità di utilizzazione della stessa ed anche per la perdita della capacità edificatoria realizzabile sulle più ridotte superfici rimaste.
Ad imporre questa soluzione è la disciplina dell’espropriazione parziale che postula che l’indennizzo riconosciuto al proprietario dall’art. 33 del d.P.R. n. 327 del 2001 non riguardi soltanto la porzione espropriata (quando questa vi sia), ma anche la compromissione o l’alterazione delle possibilità di utilizzazione della restante porzione del bene rimasta nella disponibilità del proprietario, in tutti i casi in cui il distacco di una parte del fondo e l’esecuzione dell’opera pubblica influiscano negativamente sulla parte residua (Cass. n. 20241 del 2017).
Nella specie, l’indennizzo eventualmente spettante al proprietario per la perdita di valore dell’area residua deve essere calcolato in relazione alla più limitata capacità edificatoria consentita sulla più ridotta superficie rimasta a seguito della creazione o dell’avanzamento della fascia di rispetto (in tal senso è anche Cass. n. 7195 del 2013), ma senza automatismi come quello del trasferimento di cubatura da un’area all’altra.
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