Obblighi del medico competente in tema di sorveglianza sanitaria

Lmedico del lavoroa recente sentenza 19856 depositata il 2.7.2020, della S.C. di Cassazione, Sezione IV penale ricostruisce gli obblighi gravanti in capo al medico competente del lavoro in tema di sorveglianza sanitaria.
I compiti del medico competente si suddividono essenzialmente in tre categorie:
a) i compiti c.d. professionali costituiti essenzialmente dal dovere di effettuare la sorveglianza sanitaria, ovvero l’insieme degli atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute dei lavoratori, in relazione all’ambiente di lavoro, ai fattori di rischio professionale e alle modalità di svolgimento dell’attività lavorativa.
b) i compiti c.d. collaborativi rappresentati dal dovere di cooperare con il datore di lavoro alla programmazione del controllo dell’esposizione dei lavoratori ai rischi. La partecipazione del medico competente alla fase di valutazione dei rischi aziendali garantisce allo stesso un’approfondita conoscenza dell’organizzazione dei processi lavorativi e gli consente, conseguentemente, di fissare adeguate misure di prevenzione ed efficaci protocolli sanitari; nell’ambito di tale attività occorre un suo coinvolgimento, da parte del datore di lavoro, anche nella redazione del documento di valutazione dei rischi e nella agevole individuazione delle possibili cause di eventuali disturbi riferiti dal lavoratore;
c) i compiti c.d. informativi consistenti: – nel dovere primario di informare i lavoratori sul significato della sorveglianza sanitaria e, nel caso di esposizione ad agenti con effetti a lungo termine, sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell’attività; – nel dovere di fornire, a richiesta, informazioni analoghe ai rappresentanti per la sicurezza dei lavoratori; – nel dovere di esprimere per iscritto, in occasione delle riunioni di cui all’art. 35 (riunioni periodiche, obbligatorie nelle aziende con più di 15 dipendenti aventi ad oggetto il tema della sicurezza), al datore di lavoro, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, i risultati anonimi collettivi della sorveglianza sanitaria effettuata e fornisce indicazioni sul significato di detti risultati ai fini della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico – fisica dei lavoratori.
Dopo aver ricordato quanto sopra la Corte sottolinea come il presupposto della rimproverabilità soggettiva nei confronti dell’imputato implica la prevedibilità dell’evento che va compiuta ex ante, riportandosi al momento in cui la condotta è stata posta in essere avendo riguardo anche alla potenziale idoneità della stessa a dar vita ad una situazione di danno e riferendosi alla concreta capacità del soggetto di uniformarsi alla regola cautelare, da commisurare al parametro del modello dell’homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze da parte dell’agente concreto (Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Rv. 274500).
Inoltre, a fronte di una condotta attiva indiziata di colpa che abbia cagionato un certo evento, occorre, poi, operare il giudizio controfattuale, ovvero chiedersi se, in caso di c.d. comportamento alternativo lecito, l’evento che ne è derivato si sarebbe verificato ugualmente e ne rappresenti la concretizzazione del rischio.
Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro – fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30649 del 13/06/2014, Rv. 262239). Sussiste, pertanto, il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta dal medico e il decesso del paziente allorquando risulti accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore, rallentando significativamente il decorso della malattia, o con minore intensità lesiva (Sez. 4, n. 18573 del 14/02/2013, Rv. 256338).
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